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E il re, che avea la regina seduta allato, mi disse: "Quanto durerà il tuo viaggio? e quando ritornerai?" La cosa piacque al re, ei mi lasciò andare, e io gli fissai un termine di tempo.
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Poi dissi al re: "Se così piace al re, mi si diano delle lettere per i governatori d’oltre il fiume affinché mi lascino passare ed entrare in Giuda,
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e una lettera per Asaf, guardiano del parco del re, affinché mi dia del legname per costruire le porte del castello annesso alla casa dell’Eterno, per le mura della città, e per la casa che abiterò io". E il re mi diede le lettere, perché la benefica mano del mio Dio era su me.
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Io giunsi presso i governatori d’oltre il fiume, e diedi loro le lettere del re. Il re avea mandati meco dei capi dell’esercito e dei cavalieri.
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E quando Samballat, lo Horonita, e Tobia, il servo Ammonita, furono informati del mio arrivo, ebbero gran dispiacere della venuta d’un uomo che procurava il bene de’ figliuoli d’Israele.
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Così giunsi a Gerusalemme; e quando v’ebbi passato tre giorni,
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mi levai di notte, presi meco pochi uomini, e non dissi nulla ad alcuno di quello che Dio m’avea messo in cuore di fare per Gerusalemme; non avevo meco altro giumento che quello ch’io cavalcavo.
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Ed uscii di notte per la porta della Valle, e mi diressi verso la sorgente del Dragone e la porta del Letame, considerando le mura di Gerusalemme, com’erano rotte e come le sue porte erano consumate dal fuoco.
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Passai presso la porta della Sorgente e il serbatoio del Re, ma non v’era posto per cui il giumento ch’io cavalcavo potesse passare.
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Allora risalii di notte la valle, sempre considerando le mura; poi, rientrato per la porta della Valle, me ne tornai a casa.
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I magistrati non sapevano né dov’io fossi andato né che cosa facessi. Fino a quel momento, io non avevo detto nulla né ai Giudei né ai sacerdoti né ai notabili né ai magistrati né ad alcuno di quelli che si occupavano di lavori.