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per aprir loro gli occhi, e convertirli dalle tenebre alla luce, e dalla podestà di Satana a Dio; acciocchè ricevano, per la fede in me, remission de’ peccati, e sorte fra i santificati.
19
Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla celeste apparizione.
20
Anzi, prima a que’ di Damasco, e poi in Gerusalemme, e per tutto il paese della Giudea, ed a’ Gentili, ho annunziato che si ravveggano, e si convertano a Dio, facendo opere convenevoli al ravvedimento.
21
Per queste cose i Giudei, avendomi preso nel tempio, tentarono d’uccidermi.
22
Ma, per l’aiuto di Dio, son durato fino a questo giorno, testificando a piccoli ed a grandi; non dicendo nulla, dalle cose infuori che i profeti e Mosè hanno dette dovere avvenire.
23
Cioè: che il Cristo sofferirebbe; e ch’egli, ch’è il primo della risurrezion de’ morti, annunzierebbe luce al popolo, ed a’ Gentili.
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Ora, mentre Paolo diceva queste cose a sua difesa, Festo disse ad alta voce: Paolo, tu farnetichi; le molte lettere ti mettono fuor del senno.
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Ma egli disse: Io non farnetico, eccellentissimo Festo; anzi ragiono parole di verità, e di senno ben composto.
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Perciocchè il re, al quale ancora parlo francamente, sa bene la verità di queste cose; imperocchè io non posso credere che alcuna di queste cose gli sia occulta; poichè questo non è stato fatto in un cantone.
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O re Agrippa, credi tu a’ profeti? io so che tu ci credi.
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Ed Agrippa disse a Paolo: Per poco che tu mi persuadi di divenir Cristiano.